Walter Gilman non si rendeva conto se fossero i sogni a cagionare la febbre o viceversa. Dietro ogni oggetto stava acquattato l’orrore velenoso della vecchia casa e della soffitta ammuffita e sacrilega dove scriveva, studiava e si accaniva sulle cifre e le formule, quando non si dimenava sul misero letto di ferro. Le sue orecchie erano diventate sensibili fino ad un livello soprannaturale ed intollerabile, e da tempo aveva bloccato l’orologio da mensola comprato a buon mercato, il cui ticchettio era diventato simile ad un rombo d’artiglieria.
Durante la notte, i misteriosi movimenti della città buia, il sinistro sgusciare dei topi nei divisori ed il cigolare delle travi nascoste della casa secolare, gli davano la sensazione di un pandemonio stridente. L’oscurità brulicava sempre di suoni indescrivibili, e tuttavia Gilman talvolta tremava per la paura che quei suoni dovessero attenuarsi e permettergli di avvertire altri suoni più deboli e nascosti, che immaginava facessero da sottofondo.
Continua
da L'UOMO DI PIETRA di Howard Phillips Lovecraft
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