Quand un bon vin meuble mon estomac
Je suis plus savant que Balzac
Plus sage que Pibrac;
Mon bras seul faisant l'attaque
De la nation Cosaque,
La mettroit au sac;
De Charon je passerais le lac
En dorment dans son bac;
J'irois au fier Eac,
Sans que mon coeur fit tic ni tac,
Présenter du tabac.
Vaudeville francese
Che Pierre Bon-Bon fosse un restaurateur di non comuni qualità, nessuno, che durante il regno di… [qualcuno ha pensato Napoleone, ma in realtà più probabilmente – come vedremo – di Luigi XV], frequentasse il piccolo Caffè del cul-de-sac Lefèbvre a Rouen, si sentirà in grado, immagino, di confutare; che Pierre Bon-Bon fosse, in egual grado, versato nella filosofia di quell’epoca, è, a mio vedere, ancor più particolarmente innegabile. I suoi pâtés à la foie erano indubbiamente irreprensibili; ma quale penna può render giustizia ai suoi saggi sur la Nature, ai suoi pensieri sur l’Ame, alle sue osservazioni sur l’Esprit? Se le sue omelettes, se i suoi fricandeaux erano inestimabili, quale littérateur di quel tempo non avrebbe dato, per una “Idée de Bon-Bon” due volte tanto che per le immondizie di tutte le “Idées” di tutti gli altri savants? Bon-Bon aveva saccheggiato biblioteche che nessun altri uomo aveva saccheggiato, aveva letto più di quanto chiunque altro potesse nemmeno sognarsi che si potesse leggere, aveva compreso più di quanto alcun altro concepisse che si potesse comprendere; e benché, mentr’egli fioriva, non mancassero a Rouen alcuni autori, i quali asserivano “che i suoi dicta non rivelavano né la purezza dell’Accademia [di Platone] né la profondità del Liceo [di Aristotele]” – quantunque, badate, le sue dottrine non fossero affatto universalmente comprese, non ne consegue tuttavia ch’esse fossero di difficile comprensione; appunto pel fatto ch’esse erano evidenti di per sé, io penso, molte persone erano indotte a considerarle astruse.
da RACCONTI DEL GROTTESCO di Edgar Allan Poe